Quando si decide con leggerezza di andare a visitare la mostra di Keith Haring, probabilmente non si ha ancora piena consapevolezza della profondità delle tematiche trattate dall’artista. Le grafiche estremamente colorate e divertenti da anni ingannano l’osservatore illudendolo di essere un’arte frivola e decorativa, adatta a star sui cappellini, sulle magliette, sulle tazze da colazione. Eppure l’artista statunitense non può essere ridotto alla giocosità con cui si presentano le sue opere. L’arte da lui espressa ha a che fare con l’infinito, con quei valori umani profondi, che sembrano aver radici nei secoli. Con la sua semplicità si aggrappa alla forza di un messaggio universale, capace di essere letto da diverse culture e con l’eternità propria di quei pensieri sempre veri, sempre autentici, sempre sinceri.
“Keith Haring – about art” è la tanto attesa retrospettiva, che porta in scena a Milano uno dei più famosi ed apprezzati graffitisti di tutti i tempi. Capire come mai la sua arte sia così diffusa e conosciuta in tutto il mondo, è davvero intuitivo. Le opere hanno la capacità di creare un forte legame con lo spettatore fin dal primo sguardo. Ciò che attrae inizialmente sono i colori: accesi, forti, fluorescenti, maleducati, irriverenti. Subito dopo colpiscono i segni. Sulla tela sembra formarsi un labirinto nel quale perdersi. Mentre si segue una linea nera con lo sguardo ci si accorge che è solo una parte di un tutto e che la visione di insieme crea delle immagini precise, dei simboli che portano con sé svariati messaggi, che ho trovato divertente decifrare con gli amici. Allontanandosi dalla tela, come fossero dipinti impressionisti, si scorgono i soggetti: omini dal sesso non identificato, neutro: né uomini, né donne, o forse sia uomini, sia donne; angeli con grandi ali spiegate, bambini, omini col pancione, simboli fallici. È tutto un ordinato intreccio di figure precise, ma dall’interpretazione molteplice.
Sono diverse le battaglie combattute dall’artista, prima fra tutte quella contro l’omofobia al quale egli dedica l’opera “San Sebastiano”. Considerato la prima icona gay, le cui frecce-aeroplano sembrano quasi essere dei segni premonitori.
Sono altrettanti i messaggi positivi che le sue opere danno: amore, fratellanza e famiglia sembrano essere i rimandi più frequenti delle sue metafore.
Le sale sono affascianti e divertenti allo stesso tempo. Il lavoro curatoriale e l’allestimento, impeccabili. Anche l'illuminazione è fenomenale, con i faretti profilati (la luce inquadra precisamente solo l'opera, seguendone la forma).
Ogni sala affronta una tematica diversa, sviscerando le maggiori influenze che hanno segnato il lavoro dell’artista: dai miti greci, alla storia romana (le mie due sale preferite sono quelle ad essi dedicate), a Picasso, a Klimt, a Warhol, fino alla sua grande passione d’infanzia: i cartoons.
La mostra vuole riportare l’attenzione su alcune tematiche cruciali che stanno dietro alla produzione artistica di Keith Haring, abbinando sapientemente cultura ed intrattenimento. Risulta così una mostra estremamente interessante, piacevole da visitare e che offre innumerevoli spunti per scambiare opinioni con gli amici visitandola in compagnia. Consigliatissima!
Inoltre, sembra proprio che le capacità premonitrici dell'artista, non siano svanite! Vi ricorda qualcosa questo quadro?
http://www.palazzorealemilano.it/wps/portal/luogo/palazzoreale/mostre/inCorso/KEITH_HARING
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