di Jacopo Di Marco

Presentateci Provinciale11. Come nasce la vostra realtà e qual è il desiderio o la necessità che vi ha spinto a intraprendere questa esperienza?

P11: Definiamo Provinciale11 come un collettivo diffuso, ossia un organismo che si muove nel campo dell’arte contemporanea, esplorando tematiche legate alla natura, ai territori e ai loro abitanti. Nasce dall’incontro di persone con background eterogenei: artisti, curatori, editor e project manager provenienti da paesi diversi, unite dalla volontà di creare connessioni tra arte, natura e comunità. Provinciale11 organizza le sue residenze artistiche a Casa Vettese-Donati, un luogo dalla storia secolare situato in Lunigiana, e collaborando dal 2024 con il Comune di Mulazzo cura mostre e iniziative culturali presso l’antico Teatrino Malaspina situato nel borgo.  

La nostra esperienza si fonda sul desiderio di riscoprire una dimensione dell’arte conviviale e collaborativa, che metta al centro la relazione con il territorio e le sue storie. Abbiamo sentito la necessità di creare uno spazio dove artisti e ricercatori possano dialogare con le persone e i luoghi che abitano, valorizzando la ricchezza delle diversità e il potenziale di nuove narrazioni condivise.

Cosa significa essere un collettivo diffuso e, dal momento che avete competenze diverse come si struttura il lavoro nel gruppo?

P11: Collettivo diffuso per noi significa innanzitutto un’attitudine a operare in modo decentralizzato, sia dal punto di vista geografico che organizzativo. I membri di Provinciale11 provengono da paesi e discipline differenti, e ciascuno contribuisce con la propria prospettiva e competenza. Questa diversità ci permette di affrontare i progetti da molteplici angolazioni, intrecciando pratiche curatoriali, artistiche e organizzative.

Il lavoro che svolgiamo si struttura su un approccio collaborativo, le decisioni vengono prese collettivamente, cercando un equilibrio tra le visioni individuali e le prospettive del ciclo di progetti che abbiamo avviato. 

Operare attraverso questo modello ci permette di mantenere una dinamica fluida e aperta, in cui la cooperazione è al centro di tutto. L’interdisciplinarità infatti non è solo una risorsa, ma anche un metodo che caratterizza ogni fase dei nostri progetti, dalla concezione alla realizzazione.

Anche la scelta del nome è singolare. Da cosa nasce? In qualche modo riguarda il movimento di fuga dalle città e la riappropriazione di ritmi di vita più lenti e a misura d’uomo?

P11: Provinciale11 è innanzitutto un luogo, ossia la strada che attraversa la Lunigiana e su cui è collocata la nostra postazione. Da un certo punto di vista è il fulcro iniziale di questo progetto collettivo. Questo luogo è il cuore della nostra pratica, qua abbiamo trovato un equilibrio tra natura, pratiche artistiche e scambio discorsivo.

Il richiamo al “provinciale” non è solamente geografico, ma anche attitudinario: evoca un’idea di percorso, esplorazione e dialogo con i territori che spesso restano marginali rispetto ai centri urbani. Non si tratta tanto di una fuga dalle città quanto di un movimento verso un diverso modo di abitare e pensare il mondo, in sintonia con i ritmi del luogo e in relazione con chi lo vive. 

Attraverso questa scelta, vogliamo ripensare il concetto di periferia non come un limite, ma come uno spazio fertile per l’arte e per la costruzione di nuove narrazioni.

In particolare vorrei parlare delle residenze. Dal 2024 portate avanti Raccolti, un progetto annualedi residenze d’artista. Cosa vi ha orientato verso questa scelta e qual è il rapporto che si crea con la comunità locale?

P11: Il progetto Raccolti nasce dalla volontà di creare uno spazio di ricerca condivisa, dove arte, territorio e comunità possano diventare un’agency trasformativa. Nel 2024 abbiamo ospitato la nostra prima residenza presso Casa Vettese-Donati, con il sostegno di Toscanaincontemporanea e delle istituzioni locali (Comune di Mulazzo e Fondazione CrC). Il tema centrale di ricerca era quello del suolo, inteso non solo come elemento fisico e materiale, ma anche come metafora di contenitore di storie, memorie e possibilità. Attraverso questa prospettiva, il suolo non è altro che il luogo in cui si radicano le identità, una stratificazione materica che racconta il passato ma che può generare nuove narrazioni per il futuro. Questo approccio ha guidato la riflessione e le opere degli artisti coinvolti – Lara Dâmaso, Marina Cavadini e Peng Shuai Paolo – attraverso pratiche che spaziano dalla performance all’installazione e alla ricerca sonora.

La residenza ci ha permesso di esplorare le potenzialità dell’incontro collettivo, e avrà una seconda edizione nel 2025. Gli artisti che abbiamo coinvolto hanno vissuto e lavorato immersi nel territorio della Lunigiana, entrando in contatto con i suoi paesaggi, le sue storie e la sua comunità. Abbiamo tentato di rendere il territorio un elemento attivo del processo artistico. Il rapporto con la comunità locale infatti è stato fondamentale. 

Le residenze, quindi, sono il cuore pulsante della nostra metodologia operativa: un invito a rallentare, coabitare, osservare e collaborare, dando vita a esplorazioni che uniscono le specificità del luogo alle prospettive degli artisti internazionali coinvolti. 

E nello specifico come si concretizza una residenza a Casa Vettese-Donati?

P11. Dal punto di vista pratico la residenza Raccolti prevede un periodo di circa due settimane durante il quale gli artisti ospiti, insieme ai membri del collettivo, vivono e lavorano a Casa Vettese-Donati. La partecipazione alla residenza comprende un fee per la ricerca e la produzione, in aggiunta alla copertura delle spese di vitto, alloggio e accesso a spazi di lavoro dedicati. Il programma si ispira al modello del simposio: oltre alla ricerca individuale, vengono organizzati incontri con accademici, ricercatori e artisti internazionali e momenti di scambio con altre figure della comunità locale come biologi, storici e antropologi. Le due settimane di residenza sono intese come un periodo più di ricerca condivisa e di scambio che di produzione vera e propria.  Conversazioni attorno alla tavola, escursioni nel bosco o lungo il fiume; confronti sulle rispettive pratiche artistiche e laboratori quotidiani danno corpo alla nostra metodologia collettiva. 

La residenza si conclude con una restituzione finale del lavoro svolto, una mostra collettiva dove gli artisti presentano i lavori realizzati in dialogo diretto con il territorio e i suoi abitanti. Quest’anno abbiamo infatti inaugurato la mostra Raccolti2024 lo scorso 28 settembre. 

Parallelamente la nostra programmazione prevede attività pubbliche, come laboratori, performance e conversazioni che quest’anno si sono sviluppate tra screening di video arte, un incontro di poesia, un dialogo con un antropologo locale sul rapporto tra arte e magia rispetto al tema dell’invisibile, e una performance di disegno collettivo.