di Valentina Trentini

In un ex ufficio industriale al Nord di Milano, avviene qualcosa di grandioso, speciale. Dove un tempo si stampavano grafiche, con pesanti macchine come le antiche grandi Roland, oggi ci si aggrappa a un filo sottile che collega il passato ad un’arte in divenire, che si può trovare ovunque, in ogni metro quadro dell’edificio.

Abbiamo deciso di intervistare Elena Quarestani, fondatrice di questo progetto culturale, che diventa luogo di incontro e di scambio tra soggetti, realtà e culture differenti, e Erica Massaccesi, critica d’arte che lavora per AssabOne.

  1. Ci racconti un po’ del passato industriale di Assab?

Assab One ha sede nell’edificio che dall’inizio degli anni Sessanta alla fine degli anni Novanta ha ospitato l’azienda grafica fondata da mio padre. Si chiamava GEA, grafiche editoriali Ambrosiane e stampava libri d’arte enciclopedie e libri scolastici per i più importanti editori del mondo. 

  1.   Che cosa ti ha colpita del suo spazio?

La storia, la presenza di molti segni del lavoro, l’odore degli inchiostri. E poi la struttura dell’edificio, con il grande cortile al centro. Infine, il quartiere che nonostante le molte criticità e la pessima fama, è interessante, vivace, ricco di tante preziose diversità. Il tutto è molto internazionale. 

  1. C’è una mostra a cui sei più affezionata di altre?

la prima, naturalmente, quella che ha dato il via a una storia inaspettata che dura da più di vent’anni. Ma anche molte altre. Le mostre personali di Luca Pancrazzi, Nathalie du Pasquier, Lucia Pescador, e tutte le edizioni di 1+1+1, il format che indaga i confini tra arte design e architettura a cui hanno partecipato figure che fanno già parte della storia, come Andrea Branzi, Michele De Lucchi, Bijoy Jain…

  1. A che punto è la critica d’arte oggi sui giornali e sui quotidiani?

 Sui quotidiani e sulla stampa generalista vedo piuttosto recensioni delle mostre che testi critici: In generale si potrebbe dire che il ruolo del critico è stato sostituito da quello del curatore. 

  1. Il dibattito sull’arte contemporanea esiste? Dove può crescere maggiormente l’arte contemporanea?

Certo che il dibattito esiste. Ne dibattono gli artisti (alcuni frustrati) le gallerie (alcune delle quali devono ridisegnarsi un ruolo) , i collezionisti ( sempre più sollecitati da mille stimoli), gli investitori (a caccia di affari), le case d’asta (dopo la grande bolla), i direttori dei musei (a caccia di sponsor), delle biennali e delle innumerevoli manifestazioni e fondazioni che continuano a nascere. Di che cosa si nutre l’arte oggi? Mi sembra che si dibatta poco sull’arte per sé, ma sulla sua sostenibilità.  L’espansione del mercato dell’arte, la sua rilevanza economica e finanziaria, la sua prepotenza, hanno fagocitato la libertà e la gratuità delle pratiche artistiche, lo scambio di idee che gli artisti condividevano, perché avevano il tempo di farlo, anche al bar davanti a un bicchiere. Le aspettative di successo e di guadagno - possibilmente rapido, sia da parte degli artisti sia da parte dei collezionisti- sono molto cambiate negli ultimi vent’anni. E’ cambiato il ruolo delle gallerie e quello delle case d’asta. La finanza è entrata prepotentemente nel mercato, che è diventato globale.

  1. Quali sono i tuoi capisaldi delle letture d’arte?

 John Berger, Robert Storr, Francesco Bonami sul Foglio 

7. Che cosa ne pensi dell’attribuzione a Milano di capitale artistica?

Questa attribuzione io non l’ho mai sentita, neanche nel passato ai tempi gloriosi di Fontana, Manzoni ecc.e quando le gallerie milanesi erano spazi attivi e di ricerca e gli artisti si incontavano al bar Giamaica o in alcune gallerie d’avanguardia.  Certamente non lo è oggi e non lo è neanche l’italia  che è molto penalizzata dall’assenza di una politica culturale poco attenta al contemporaneo  e molto al portafogli, alla carenza di fondi. Basta dire che a Milano non esiste un museo di arte contemporanea. 

Però non penso nemmeno che in questo momento esista una sola capitale artistica ne in Italia ne nel mondo dell’arte, ormai globalizzato . Esistono alcune gallerie potentissime che hanno sedi in diverse parti del mondo, grandi fiere itineranti da Parigi, a Londra , a New york, agli Emirati , investimenti bilionari  nei musei e nelle manifestazioni artistiche in Arabia Saudita, in Qatar, in Cina. Milano è attrattiva per la moda, il design, ma onta veramente poco anche  in presenza di alcune fondazioni create, gestite e sostenute da privati come Prada e Hangar Bicocca che producono mostre eccellenti. Ma il sistema dell’arte milanese è poca cosa in una visione globale. 

1+1+1 2018, Alone Together, Johanna Grawunder. Foto Giovanni Hanninen
Assab One 2002-2022, Studio 3, 2023, Ph Alice Fiorilli

Risposte Erica Massaccesi, storica e critica d’arte contemporanea che lavora con AssabOne

  1. Che cosa ti ha colpita dello spazio di AssabOne?

L’architettura. E la storia di Gea Industrie. La prima volta che sono andata in giro per gli spazi sono rimasta affascinata dall’atmosfera, dal respirare la storia dello spazio. Ogni angolo nascosto racconta qualcosa, che non per forza è artistica, ma è sicuramente un racconto. Assab non è un white cube, non è sterile. Ogni volta che ad Assab si pensa a un progetto lo si deve pensare in relazione allo spazio. È un protagonista così forte che non se ne può fare a meno.

  1. C’è una mostra a cui sei più affezionata di altre?

La mostra dedicata al libro AssabOne 2002-2022, inaugurata il 10/10/23. È stata una sorta di epilogo al lavoro fatto in un anno per la creazione del libro. Ho avuto l’occasione di scoprire tantissime opere, un po’ nascoste nei magazzini, che non avevo idea ci fossero. Quanta arte si emana tra queste mura.

  1. A che punto è la critica d’arte sui giornali e sui quotidiani oggi?

Io sono un po’ disfattista. È una domanda che mi ponevo anche quando studiavo. Si dice che la critica d’arte sia morta e per me è un po’ vero. C’è una tendenza a vedere le recensioni delle mostre come una comunicazione, sei sempre collegato alle persone che intercetti per fare critica; quindi, è difficile trovare oggi una critica costruttiva. È sempre più rara. A meno che tu non sia una persona già con un nome e allora te lo puoi permettere. Oggi si fa un utilizzo degli articoli tale che renda la critica d’arte morte. Si va sempre più incontro a un falso buonismo per tessere relazioni, comunicazioni, punti d’incontro.

  1. Il dibattito sull’arte contemporanea esiste? Dove può crescere maggiormente l’arte contemporanea?

L’arte e il dibattito riguardo l’arte contemporanea può nascere e crescere in realtà al di fuori di Milano, in spazi liberi, dove curatori e artisti possano vivere insieme l’atto creativo. Stanno nascendo sempre più residenze, io per prima vorrei aprire una residenza nelle Marche, il mio territorio d’origine. Anche per esempio la Biennale in Val Gardenia, un progetto quinquennale sulla land art. Lo spazio vergine è la chiave, uno spazio dove poter sperimentare tanto.

  1. Quali sono i tuoi capisaldi delle letture d’arte?

La Vettese, mi piace il suo stile di scrittura, le sue ricerche. C’è un’alternanza di poesia e semplicità, non è complesso. Lei fa una buona critica.

  1. Che cosa ne pensi dell’attribuzione di Milano di capitale artistica?

Milano è sovraccarica, sta arrivando a un punto di esplosione, stanno nascendo sempre più spazi, sempre più artisti e più curatori. Ad un certo punto si esaurirà, magari per tornare in maniera ciclica. È sicuramente un valore, ma essendo Milano una città che già offre tanto dipende molto dall’uso della cultura che si fa. Milano è già piena così.

Assab One, marzo 2017, Milano 1+1+1 Artista: George Sowden Foto di Giuseppe Fanizza
George-Sowden, The Heart of The Matter. 111 Assab One 2017. Foto di Alice Fiorilli